Mozart: Kirchensonaten

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Mozart: Kirchensonaten

In occasione dell’attesissimo concerto di Ferragosto, torna in cartellone l’ensemble francese Les Surprises, destinatario nel 2014 del premio “Révélation musicale” e diretto dal virtuoso della tastiera Louis Noël Bestion de Camboulas. Incorniciati dalla sontuosità del Santuario di Santa Maria dei Miracoli presso San Celso, location inedita nella storia del festival, Les Surprises si esibiranno nelle Sonate da chiesa di W.A. Mozart, brani in cui la solennità religiosa si unisce ad espressioni amabili e aggraziate dai connotati squisitamente profani.

Wolfgang Amadeus Mozart
(1756 – 1791)
Sonata da chiesa n. 12 in Do maggiore, K263

Adagio in Do maggiore, K356 (617a)

Sonata da chiesa n.15 in Do maggiore, K328 (317c)

Suite in Do maggiore, KV399 (385i)

Franz Joseph Haydn
(1782 – 1809)
Flötenuhr
Wolfgang Amadeus Mozart

Adagio, K404a – Bach

(trascrizione da J.S. Bach, BWV 527)

Sonata da chiesa n.2 in Si bemolle maggiore, K68

Fantasia in Fa minore, K608

Sonata da chiesa n.1 in Mi bemolle maggiore, K67

Sonata da chiesa n.17 in Do maggiore, K336

Franz Joseph HaydnConcerto per organo in do maggiore, Hob XVIII/10
violiniAnaëlle Blanc-Verdin, Minori Deguchi
violoncelloJulien Hainsworth
organo e direzioneLouis-Noël Bestion de Camboulas

– a cura di Raffaele Mellace

Il concerto odierno ci trasporta in un ambiente sonoro di cui abbiamo perso la memoria: l’amalgama timbrico – perfettamente familiare alle chiese del Settecento per le quali la musica in programma vide la luce – costituito dalla combinazione di organo e archi. Se da un paio di secoli l’organo è concepito come gigante austero e solitario, titolare del privilegio della musica sacra, le cappelle chiesastiche di ogni ordine e grado delle società ancien régime disponevano d’un complesso, anche minimo, di strumenti ad arco che partecipava regolarmente alle liturgie. L’associazione alla voce dell’organo presentava un colore proprio, nutrito della differenziazione timbrica tra strumenti a corda e l’aerofono che è l’organo, frutto al contempo dell’integrazione morbida e suadente tra queste diverse voci. È quanto ci ricordano questa sera, dalle chiese della cattolica Austria, Mozart e Haydn, riportando in vita un ambiente sonoro accogliente e vibrante di risonanze significative, declinato nel linguaggio luminoso e cordiale del classicismo viennese. Lo fanno profondendo dalla tastiera dell’organo una cornucopia di composizioni nate nell’ultimo trentennio del Settecento. Ai due estremi si collocano i lavori di Haydn, il giovanile concertino per organo composto entro il 1771 e la Flötenuhr della piena maturità, risalente agli anni Novanta; in mezzo la congerie di titoli composti da Mozart nel ventennio 1771-91, tra i quindici anni e la morte precoce, nel vario modularsi della sua vicenda esistenziale tra Salisburgo e Vienna.

Ci si permetta di concentrarsi su questo micro-catalogo mozartiano, in ragione della varietà di natura e destinazione di queste pagine. La colonna portante del concerto sono le Kirchensonaten, sonate da chiesa, composizioni brevi, in un solo tempo, dall’organico spesso essenziale di due violini, basso e appunto organo, previste nella liturgia alla lettura dell’epistola, da eseguirsi persino durante la lettura stessa. D’altra parte, nella Salisburgo mozartiana l’arcivescovo principe Colloredo esigeva liturgie compatte che imponevano al compositore un’economia di tempo al limite del virtuosismo. Avviata all’inizio del 1772, o forse già nel 1771, la serie delle diciassette sonate “epistolari” accompagna le varie fasi del servizio salisburghese del giovanissimo e poi giovane Mozart, dalla stagione dei viaggi italiani (e milanesi) (le K. 67 e 68) a quella della prima maturità del Konzertmeister sempre più conscio del proprio talento e intollerante della “prigionia” in riva al Salzach (le K. 263, 1776, K. 328, 1777/79, K. 336, l’ultima della serie, 1780). Pur immancabile, l’organo è variamente protagonista, passando dalla funzione di semplice basso continuo nelle prime sonate al ruolo concertante ed esuberante delle ultime, senza peraltro che si debba escludere un apporto d’improvvisazione oggi non più individuabile. Non di rado festose come i divertimenti e le serenate scritte da Mozart per Salisburgo, queste pagine in modo maggiore si potranno congetturalmente associare a messe mozartiane come la Messa per solo organo K. 259 per la K. 263, dall’ambizioso gesto sinfonico, oppure la Messa K. 337 per la K. 336, esuberante e schiettamente concertante, forse destinate, messa e sonata, alla Domenica di Pasqua 1780.

Si alternano alle sonate da chiesa quattro pagine assai diverse nate a Vienna. L’Ouverture K. 399 apre una suite incompiuta del primo periodo viennese (1782?): una pagina solenne, nell’aulica forma dell’ouverture alla francese, che risuscita, tra un profluvio di ritmi puntati, i fasti di una ritualità antica. Il fascino per il linguaggio musicale barocco è all’origine anche dell’Adagio K. 404a, trascrizione dall’omonima pagina dalla Sonata a tre in re minore BWV 527 di Johann Sebastian Bach. Se l’attribuzione a Mozart è dubbia, la trascrizione è in ogni caso il prodotto dell’ambiente vicino al cenacolo promosso dal barone Gottfried van Swieten, prefetto della Biblioteca imperiale e autore dei libretti dei grandi oratori tedeschi di Haydn. All’ultimo anno di Mozart e sempre al contesto viennese andranno ricondotte altre due pagine, nate per strumenti non tra i più consueti, in grado di stimolare la fantasia del genio in termini di sperimentazione sonora. Da un lato la Fantasia in fa minore K. 608, composta per l’organo meccanico il 3 marzo 1791: una coppia Allegro-Andante che racchiude un bel fugato brillante. Dall’altro, l’Adagio in Do maggiore K 356 (617a) scritto per Mariane Kirchgeßner, suonatrice cieca di armonica a bicchieri, lo strumento affascinante inventato da Benjamin Franklin, già onorato allora, sempre a Vienna, da Johann Adolf Hasse, in attesa che Donizetti vi ricorra per la scena madre della Lucia di Lammermoor. Una pagina solenne, sacrale, sospesa tra estremi capolavori coevi come la marcia dei sacerdoti di Sarastro dal Flauto magico e l’Ave verum corpus.

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