Il programma Gesti Antichi e Moderni, eseguito dall’Ensemble The Olive Consort nella splendida cornice di San Bernardino alle Monache, è un autentico viaggio all’interno delle opere strumentali italiane e inglesi del Rinascimento, accomunate da un grande spirito di sperimentazione e ricerca. Costruito intorno all’idea di polifonia, di contrappunto e di indipendenza dei gesti musicali, il programma è stato registrato e insignito di 5 diapason dalla rivista musicale francese Diapason.
Anonimo | Organum “Judea et Jherusalem” |
Anonimo (1300 ca.) | Hoquetus “In saeculum” |
Anonimo | Misericordiae et Veritas |
Martin Agricola (1486 –1556) | Fuga in subdiatesseron |
Sebastian Virdung (1465 –?) | O heylige, onbeflecte, zart junkfrawschafft Marie |
Anonimo | Mottetto senza testo |
Luciano Berio (1925 – 2003) | Gesti |
Anonimo | Organum “Constantes” |
Johannes Ockeghem (1430 ca. – 1495) | Ut heremita solus |
Alexander Agricola (1446 – 1506) | De tous biens plaine |
Jacob Obrecht (1457 – 1505) | J’ay pris amours |
Anonimo/ Antoine Busonis (1430 – 1492) | Fortuna desperata |
Antoine Brumel (1460 ca. – 1513) | Du tout plongiet / Fors Seulement |
Luciano Berio | Gesti |
Anonimo | Organum “Gloria Patris” |
Anonimo | La Spagna V |
Heinrich Isaac (1450 – 1517) | Neoptolemus Spes mea |
Johannes Ghiselin “Verbonnet” (1455 – 1511) | La Spagna IX |
Anonimo | Organum “Judea et Jherusalem , Constantes, Gloria Patris” |
Flauti | Kees Boeke, Walter van Hauwe, Daniele Bragetti, Seiko Tanaka |
– a cura di Raffaele Mellace
«So that gestures, not music, not odours. would be a universal language»: i gesti, l’unico linguaggio universale, li definisce James Joyce al capitol XVII dell’Ulysses. Sui gesti collegati alla musica ha riflettuto molto Luciano Berio, di cui oggi, a vent’anni dalla scomparsa, ci mettiamo di nuovo all’ascolto. Ascoltiamo innanzitutto quanto Berio scrive sulla ricchezza del fenomeno cui è intitolato questo concerto:
Tutti quei gesti che furono necessari per erigere palazzi, ponti e cattedrali, per trasformare la natura in paesaggio e i suoni e i rumori in musica, si accumulano senza sosta interno e dentro di noi. L’impronta dei passi ha la traccia involontaria di qualcuno che è passato […], un gesto è la traccia di processi già avvenuti, ne è la sintesi, sempre un po’ misteriosa. […] Il gesto è sempre sostitutivo di qualcosa, è sempre un po’ metaforico. Il gesto fa incontrare su piani diversi di comportamento un insieme di codici e di storie diverse: la storia di chi compie il gesto e le diverse vicende che si coagulano nel gesto in sé e gli danno un senso, come fosse il segmento verticale di polifonie diverse.
(Del gesto e di Piazza Carità, 1961)
Di gesti, storie, avvenimenti, ed esattamente di «polifonie diverse» si nutre il concerto odierno. Concerto che si sarebbe anche potuto intitolare, a mo’ di slogan, Tra Dante e Berio, tanto ampia è l’arcata disegnata dalla musica in programma. Attraverso il timbro del flauto ci raggiunge infatti musica concepita quasi da un capo all’altro del II millennio d.C., in un ricco assortimento di modelli di scrittura assai remoti.
Il primo termine, il sommo poeta, andrà inteso in senso lato, a indicare il primo dei tre ingredienti essenziali nel progetto del concerto. Attinge infatti al tardo medioevo la più antica musica polifonica, quella “musica misurata” che tra XII e XIII secolo si emancipò dal canto piano, declinandosi in una serie di generi qui ben rappresentati: per riportarli a quella gerarchia retorica tanto cara al citato Dante, l’aulico, profano motetus, il mediano, ecclesiastico organum, il basso hoquetus, profano anch’esso. Il discorso sul rango di questi generi investe in realtà in primis i testi che questa musica intonava, il cui significato ci raggiunge soltanto in modo mediato attraverso la trascrizione strumentale. Si tratta in ogni caso delle sonorità più eccentriche rispetto alle nostre abitudini di ascolto: la trascrizione si dimostra già sufficiente a restituire il profumo della civiltà che produsse le cattedrali gotiche, sotto le cui volte è opportuno immaginare questa musica.
Il secondo ingrediente del programma è la meravigliosa civiltà della polifonia franco-fiamminga, di cui incontriamo non meno di tre generazioni di autori, nati tutti nel XV secolo e attivi tra la seconda metà del Quattro e la prima del Cinquecento. Abbiamo due illustri precursori, operanti tra la Francia e la Borgogna già a metà Quattrocento: Antoine Busnois, musicista e poeta, e il sommo Johannes Ockeghem, grande innovatore della scrittura contrappuntistica. Assai folta la generazione intermedia dei musicisti nati attorno al 1450, che annovera Alexander Agricola, successore di Busnois e attivo anche nella Milano di Galeazzo Maria Visconti; Heinrich Isaac, maestro dei figli di Lorenzo il Magnifico, tra cui il futuro Leone X; Johannes Ghiselin detto Verbonnet, seguace di Ockeghem, attivo a Ferrara; Jacob Obrecht, olandese, che sempre nella Ferrara estense operò e morì di peste; Antoine Brumel, “ferrarese” anch’egli d’adozione; Sebastian Virdung, autore a inizio Cinquecento d’un importante trattato teorico tedesco. Chiude la rassegna un autore più giovane, appena adolescente all’alba del secolo nuovo, di cui travalicherà la metà: Martin Agricola, che nel 1529 darà alle stampe un trattato, Musica instrumentalis deudsch, che investe esattamente le modalità del concerto odierno, che si prefigge di trasmettere intatto, nella trascrizione per la “voce” dei flauti, il fascino melodico della polifonia rinascimentale.
Un balzo di oltre quattro secoli ci porta al passato prossimo del 6 giugno 1966, quando il dedicatario dell’opera, Frans Brüggen, tenne a battesimo Gesti per flauto diritto al Concertgebouw di Amsterdam. Questa originale composizione tripartita richiede all’interprete, nelle prime due, affascinanti, sezioni, la concomitante azione delle dita e della lingua, con la conseguente produzione di sonorità non convenzionali che esaltano la dimensione performativo-gestuale, la fisicità dello strumento e il corpo di cui quest’ultimo è il prolungamento. Soltanto la terza parte ritorna a una notazione tradizionale, sigillando l’alleanza, che ancora oggi potrà sorprendere, tra strumento antico e nuova musica.